LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE IN MODO NON MEDICO"

creata il 27 agosto 2009 aggiornata il 24 marzo 2010

 

 

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"La mitologia freudiana"

"Che cos'è la mitologia"

Ich war nur ungern Arzt geworden. Divenni medico solo malvolentieri. S. Freud, Per la storia del movimento psicanalitico, 1914.

 

“Si può osservare che per una scienza ancora poco progredita un’ipotesi rappresentativa [o esplicativa] d’immediata intuizione, con facili nessi analogici, è uno strumento euristico più comodo, se non più potente, che non una più riposta concezione matematica.” (M. Gliozzi, Storia della fisica (1962), Bollati Boringhieri, Torino 2005, p. 433).

Mario Gliozzi, allievo di Giuseppe Peano e considerevole storico della fisica, si riferisce alla nascita della termologia, la fisica del calore, nel secolo XVIII. La situazione era conflittuale. Si contendevano il campo due teorie del calore: quella cinetica e quella fluidistica. La prima era di ascendenze cartesiane. Considerava il calore di un corpo come effetto del movimento delle particelle componenti. (Più queste si muovono rapidamente, più il colpo è caldo). La seconda era sostanzialistica. Concepiva il calore come fluido sottile che si combina “chimicamente”, cioè intimamente, con la materia. (Più la combinazione è stretta più il corpo è caldo). Par provision la seconda teoria si impose sulla prima fino a tutto il secolo XIX. Perché?
Per un complesso di ragioni. La più importante fu che le teorie sostanzialistiche sono più vicine e affini alla mentalità ontologica, che la cultura occidentale si trascina dietro dai tempi della metafisica aristotelica e che la nuova scienza galileiana fatica a superare. L’ultimo residuo di sostanzialismo – l’esistenza dell’etere, o quintessenza, come mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche – decadrà solo all’inizio del XX secolo con la teoria della relatività e l’esperimento di Michelson-Morley. Il sostanzialismo è la principale e più abituale forma di resistenza alla scienza, che alberga tuttora in vari discorsi: religioso, filosofico, psicanalitico e addirittura in quello scientifico.
Poi ci furono ragioni “tecniche”. La fisica del XVIII era impegnata nella lunga e faticosa rielaborazione dell’eredità di Newton. Si trattava di farla passare dall’assetto geometrico (euclideo) all’assetto analitico. L’operazione si concluderà solo con la Meccanica analitica di Lagrange, che tuttavia rappresenta solo una prima tappa della matematizzazione della fisica, quella in cui meccanicismo coincide con determinismo. (Successivamente, con il progredire del calcolo delle probabilità e con l'invenzione della meccanica quantistica, le due nozioni si dissocieranno). La matematica dell’epoca era insufficiente a produrre una teoria cinetica del calore, perché non erano ancora stati messi a punto gli strumenti probabilistici, che porteranno alla fisica statistica del secolo successivo e alla fondazione della termodinamica con il teorema H di Boltzmann, che prevede l'aumento probabilistico dell'entropia. Così si affermò la teoria fluidistica del calore proprio ad opera di quel Lavoisier, che decretò la fine di un’altra famosa teoria fluidistica: la teoria chimica del flogisto. Va notato che la teoria fluidistica del calore, pur essendo scientificamente “sbagliata”, non impedì a Papin di concepire e a Watt di costruire le prime macchine a vapore (le prime rozze macchine a vapore furono impiegate nell’estrazione dell’acqua dalle miniere), che costituiranno la base "tecnoscientifica" della rivoluzione industriale. Tanto va detto per non perdere di vista la nozione di “valore del falso”, tanto importante in psicanalisi. Che una teoria sia falsa, o meno ben saputa (alla Spinoza), non le impedisce di produrre rilevanti effetti soggettivi, individuali e collettivi.

Premetto questa rapida ricostruzione della storia della fisica per segnalare un’analogia con la storia della psicanalisi. In realtà, è una situazione che si ripropone anche in altre scienze, per esempio in biologia con Darwin, il cui gradualismo diede una prima giustificazione intuitiva, ma non del tutto giustificata, dei passaggi evolutivi. In realtà, si tratta della situazione paradigmatica e generalizzata di come il sapere “scientifico” interagisce con la propria ignoranza. Sembra che non si possano saltare i primi gradini del sapere - quelli dove l'ignoranza è maggiore - prima di arrivare a elaborazioni epistemiche più complesse. Qui mi limito a trattare il caso della psicanalisi, considerata ovviamente come scienza autonoma, indipendente dalle scienze fisiche e biologiche, caratterizzata da una propria storia.

La psicanalisi letteralmente esplode nell’ultimo decennio del XIX secolo. La parola Unbewusste, comparsa per la prima volta negli Studi sull’isteria (Caso Lucy), indica una nozione che all’epoca – 1896 – non è ancora scientifica, ma che si dimostrerà tale a posteriori per la fecondità degli sviluppi che – bene o male – avrà promosso. (1) La nozione di inconscio è, infatti, altamente problematica, essendo autoreferenziale e potenzialmente contraddittoria. Significa, infatti, sapere non saputo. La contraddizione è evitata solo grazie all’adozione di una logica temporale. In Freud è la logica della Nachträglichkeit, o della differanza (da differire nel senso di rimandare), direbbe Derrida. In Lacan è la logica della certezza anticipata o logica epistemica. Per millenni la dimensione temporale fu tenuta fuori dalla logica, concepita da Aristotele in poi come insieme di forme statiche di pensiero, quindi eterna e immutabile. Invece, l’inconscio è sapere non saputo ancora, il quale evolve verso un sapere meglio saputo. Durante questa transizione produce effetti soggettivi – sogni, sintomi, lapsus, transfert, ovviamente a sua insaputa – come se fosse effettivamente saputo. E nel tempo, infatti, lo è, perché parzialmente lo diventa: da non saputo ieri, il (non) sapere inconscio diventa saputo oggi, grazie al lavoro d’analisi, eseguito tra il tempo primo e il tempo secondo, per esempio dall'inizio e alla fine della seduta psicanalitica. (2)

Con una precisazione essenziale, tuttavia, che distingue l’inconscio freudiano dalle numerose alternative non freudiane. Ogni transizione epistemica dallo stato di sapere non saputo – unbewusst – allo stato saputo – bewusst – è sempre parziale. Al termine di ogni vicenda epistemica, affrontata in analisi, rimane sempre una quota ineliminabile di sapere che non si sa ancora e che resta non saputo. L’analisi non finisce con l’abolizione dell’inconscio. Per quanto sapere si possa estrarre dalla miniera inconscia e portare alla luce della coscienza con lo scavo psicanalitico, l’inconscio rimane sempre un pozzo epistemico senza fondo. Freud chiama questa proprietà dell’inconscio “rimozione primaria”, con un termine – Urverdrängung – che gli deriva dalla sua semplicistica topologia dei contenitori. Il concetto, se non il termine, va tuttavia conservato, anche se da ricontestualizzare in topologie meno antropomorfe (plurale!) di quella freudiana. Oggi si direbbe più appropriatamente che ogni formalizzazione dell’inconscio è essenzialmente incompleta, nel senso gödeliano del termine. Infatti, comunque si assiomatizzi l’inconscio, resteranno sempre verità inconsce esterne alla formalizzazione, non raggiungibili come conseguenze derivabili dagli assiomi, cioè non dimostrabili né confutabili in quella data sistemazione formale. Logicamente parlando, l’inconscio ha una semantica più ricca di ogni sintassi. In senso stretto, senza ricorrere a concetti incerti e antropomorfi come quelli di coscienza, si può dire che l'inconscio è l'eccesso della semantica sulla sintassi, ossia si può dire che l'inconscio è una struttura epistemica molto ricca: possiede più verità di quanta ne possa ospitare il sapere esplicito. "Ci sono più cose tra cielo e terra di quante ne possa sognare la tua filosofia, Orazio". In questo ben preciso senso shakespeariano, l'inconscio non differisce dagli altri saperi scientifici moderni: la matematica, la fisica, la biologia ecc, tutti sintatticamente incompleti.

(PRECISAZIONE. Intesa come scienza dell'inconscio, la psicanalisi è affine alle altre scienze: alla matematica, alla fisica, alla biologia, alla sociologia, ma questo non significa – attenzione! – che la psicanalisi sia o matematica o fisica o biologia o sociologia. Significa semplicemente che la psicanalisi non deve entrare in contraddizione con la matematica con la fisica con la biologia con la sociologia. Detto con una metafora attuale in Italia, la psicanalisi è un'immigrata nel concerto delle scienze vigenti. Le si richiede non tanto di integrarsi nel loro concerto, ma di non stonare.)

In quanto novità epocale, la nozione di inconscio mise in moto il movimento psicanalitico, che si distinguerà per la litigiosità delle comunità analitiche componenti. Al di là degli effetti del narcisismo delle piccole differenze, le ripetute scissioni delle scuole psicanalitiche dimostrano che la trattazione della nozione di inconscio è oggettivamente – non solo soggettivamente – difficile. E' irrimediabilmente difficile trattare un sapere che rimane sempre in gran parte fuori da qualunque sistemazione dottrinaria. La difficoltà cominciò a farsi evidente con Freud stesso, che non sembrava avere gli strumenti intellettuali adatti alla propria grandiosa intuizione.
Infatti, Freud affrontò l’inconscio nel peggiore dei modi, cioè con l’attrezzatura intellettuale del medico: l’eziologia e la patogenesi. Si trattava di strumenti tipici della vecchia gnoseologia aristotelica, la quale non conosce altra scienza che lo scire per causas. Allora, Freud inventò la metapsicologia delle pulsioni, le quali non sono altro che due delle quattro cause aristoteliche: materiali, formali, efficienti e finali. Le pulsioni freudiane non sono istinti biologici ma cause psichiche. In quanto tali non sono selezionate da nessun meccanismo darwiniano di sopravvivenza e sono potenzialmnente in contraddizione con la biologia. (In realtà Freud contraddice Darwin, assumendo a più riprese l'ereditarietà dei caratteri acquisiti e affermando di non poterne fare a meno.)

Precisamente, le pulsioni sessuali sono cause efficienti. Producono in varia misura insoddisfacenti e incomplete approssimazioni alla soddisfazione sessuale. Successivamente, con qualche incertezza, accanto alle pulsioni sessuali, Freud propose la pulsione di morte. La quale è una causa finale, nel senso che orienta tutto il funzionamento inconscio dell’apparato psichico, al di là della soddisfazione sessuale, al raggiungimento del più basso stato di eccitazione psichica.

L’escamotage che permise a Freud di calare il discorso potenzialmente scientifico dell’inconscio nel discorso medico delle pulsioni fu il ricorso alle “ragioni profonde” dell’inconscio. Hai sognato di uccidere tuo padre perché le ragioni profonde del tuo inconscio sono quelle di Edipo. In realtà, tutta la Traumdeutung ha un’impostazione giuridica. È la lunga requisitoria - 700 pagine - di un pubblico ministero che si accanisce contro il sognatore in termini di preterintenzionalità dei suoi desideri. Praticamente privo di tatto psicanalitico, Freud accusa reiteratamente il soggetto del sogno di “desiderio colposo”. È l’effetto dell’impostazione eziologica – prima medica, poi medico-legale – del medico viennese. A quanto mi risulta, dopo un breve accenno en passant nella Psicopatologia della vita quotidiana (1901, GW, IV, p. 14), la prima volta che Freud comunicò esplicitamente in pubblico la "regola fondamentale della psicanalisi" – alle Einfälle mitzuteilen, "comunicare tutte le idee che vengono in mente" fu nel 1906 davanti a un'assise di giuristi. (Cfr. S. Freud, "Diagnostica del fatto e psicanalisi", in Sigmund Freud Gesammelte Werke, Fischer, Frankfurt a.M 1999, p. 9. In questo stesso testo Freud paragona l'isterico a un malfattore, p. 8). Per l'isomorfismo tra medicina e diritto vedi criteri eziologici o... il Malato immaginario di Molière.)

Freud non riusciva a concepire il sogno, in generale ogni attività psichica, come attività spontanea (v. Il sogno spontaneo), priva di seconde o terze intenzioni, in generale afinalistica. Per lui nell'apparato psichico doveva sempre e comunque funzionare una causa nel senso di movente. (Il "movente" condensa le due cause aristoteliche: efficiente e finale). Era letteralmente terrorizzato all'idea che nell'apparato psichico funzionassero elementi probabilistici arbitrari o casuali. Questo è il punto iperdeterministico su cui Freud va decisamente corretto, se si vuole salvare la scienza psicanalitica... dal ridicolo o dalla degenerazione in enigmistica. In psicanalisi non bisogna teorizzare né l’intenzionalità né la preterintenzionalità, altrimenti si esce dal discorso scientifico. La scienza non fa dietrologia come non fa ermeneutica.

Detto nei termini più semplici, la teoria pulsionale non è scientifica, perché è antropomorfa. Suppone un piccolo uomo dentro l’uomo, che dirige il traffico pulsionale. Nel caso, suppone tanti piccoli uomini dentro l’uomo, ciascuno padrone di una particolare provincia psichica, dotati dei propri attrezzi - le pulsioni sessuali e aggressive, i sensi di colpa e le minacce angosciose, le rimozioni e le censure - i quali passano il tempo a litigare tra di loro, per appropriarsi di certe soddisfazioni pulsionali e respingerne altre. È forse una teoria ancora meno scientifica della teoria fluidistica del calore. Ma ha avuto un merito incontestabile. Ha consentito alla psicanalisi di accedere al mercato delle idee e per un certo tempo di dominarlo. Oggi la psicanalisi non è più di moda, ma si sa che è una teoria psicodinamica delle pulsioni e che la pulsione è un concetto fondamentale della psicanalisi. Scientificamente parlando, la metapsicologia freudiana è stata un insuccesso, una forma largamente prevedibile di resistenza alla scienza. E' stata una teoria sterile di innovazioni, ma ha consentito la provvisoria sopravvivenza della psicanalisi – forse le ha dato il tempo di attecchire. Poi avrebbe proseguito contando sulle sue sole forze – così se la raccontava Freud. Non è andata esattamente come Freud immaginava e sperava. Oggi la psicanalisi è praticamente finita. Poteva fare di meglio il Nostro? C’era da augurarsi una psicanalisi più scientifica sin dall’inizio? Forse no. Quanti avrebbero chiesto una cura psicanalitica, senza il premio di seduzione dell’aura romanzesca e surrealistica, per non dire esoterica, che la psicanalisi offre ai suoi adepti? Forse dobbiamo ringraziare Freud, che pur si lamentava di scrivere casi clinici come novelle, senza il marchio della scientificità, se oggi abbiamo (avuto?) un po’ di psicanalisi. Tuttavia, non si può non riconoscere un minimo di scientificità all'invenzione freudiana dell'inconscio. (Sviluppo l'argomento in

Freud uomo di scienza).

Resta il problema di come salvarla e di come coltivarla. Oggi la maggior parte delle istituzioni psicanalitiche, anche quelle che si dichiarano freudiane, si dimostrano critiche nei confronti della metapsicologia delle pulsioni. Ne condannano la fittizia termodinamica, basata sul metabolismo dell'energia libidica. Ne salvano, però, l'aspetto ermeneutico. Le pulsioni andrebbero bene per formulare interpretazioni, cioè per garantire, anche economicamente, il lavoro psicoterapeutico e la professionalità di tipo medico dello psicanalista. La scuola freudiana che meglio conosco, quella lacaniana, tenta un perfezionamento della metapsicologia freudiana, operando una revisione interna, che resta tuttavia nell'ambito del paradigma aristotelico. Aristotele distingueva tra due moti: quello lineare e quello circolare, il primo imperfetto (tipico dei corpi sublunari), il secondo perfetto (tipico dei corpi celesti). Lacan sposta il moto pulsionale dal modello lineare - dalla zona erogena alla soddisfazione sessuale - al modello circolare. La pulsione è circolare in quanto si soddisfa su se stessa, senza bisogno di oggetto. (Ricordo che per Lacan l'oggetto è originariamente perduto).

La mia critica è più radicale. Non salva nulla del modello pulsionale, in quanto ne demolisce il modello eziologico costitutivo. A tal fine, devo raccontare una mia recente esperienza.

Ho passato due mesi a scannerizzare pazientemente le 700 pagine della Traumdeutung freudiana, un decimo di tutte le Gesammelte Werke. Posso qui riferire le impressioni di una lettura kursorisch di quel famoso testo che, essendomi già noto, potevo leggere sospendendone gli effetti di senso, come un correttore di bozze.
Lo dico in inglese, utilizzando un’espressione, diventata ormai famosa, che Stephen Jay Gould, il paleontologo che insieme a Niles Eldredge inventò gli equilibri punteggiati dell’evoluzione darwiniana, coniò contro certe arzigogolate applicazioni del principio di selezione naturale. Just so stories. “Storie proprio così”, così intitolava Kipling le sue favole della giungla.
Con questa espressione Gould stigmatizzava le spiegazioni dei fenomeni evolutivi date dai darwiniani ultraortodossi in termini di selezione naturale. Seguendo uno schematismo ripetitivo, che non ammette né innovazioni né variazioni, gli ultradarwiniani spiegano tutto e di più con la selezione dell’organismo più adatto. Ad ogni generazione si accumulerebbero piccole variazioni che alla fine risulteranno nel risultato completo: per esempio, un’ala di uccello a partire dalle pinne termoregolatrici dei dinosauri. Tali “spiegazioni” sono parenti delle adhoccherie di Quine, le spiegazioni ad hoc, per lo più estranee a un quadro teorico organico e formulate unicamente allo scopo di sterilizzare ogni possibile dubbio e ogni pensiero innovativo. Si tratta di pura alchimia. Il paradigma di queste procedure esplicative è l’interpretazione della facoltà sonnifera del papavero. Perché fa dormire il papavero? Perché ha la virtus dormitiva. Sono rischi del principio di ragion sufficiente. A furia di trovare ragioni che spiegano tutto, si trovano tautologie (o religioni).

La stessa impressione si riceve leggendo con occhio disincantato la Traumdeutung. La Wunscherfüllung è confermata ad ogni pagina. Ad ogni sogno torna la tesi interpretativa che il sogno realizza un desiderio. Neanche l’umoristica macellaia riesce a scalfire la corazza epistemica freudiana. Il suo sogno del salmone, che dovrebbe confutare la teoria freudiana, diventa sogno di controdesiderio, cioè ancora rientrante nel paradigma alchimistico della Wunscherfüllung. L’autore della Deutung del sogno – letteralmente, spiegazione del sogno –  si prende estremamente sul serio. Non gli passa neppure per l'anticamera del cervello che un sano procedimento scientifico lascerebbe in secondo piano le conferme e cercherebbe situazioni critiche in cui la congettura potrebbe essere veramente messa alla prova ed eventualmente confutata.
Ancora vent’anni dopo, quando Freud dovrà mutare assetto interpretativo, per lasciar posto a un al di là del principio finalistico del piacere, su cui aveva fondato la propria concezione dell’apparato psichico, la soluzione sarà ancora la stessa: una formula che si ripete sempre uguale a se stessa, senza alcuna possibilità di controvertibilità. Ogni sogno ripete il trauma allo scopo di smaltire l’energia psichica ad esso collegata. Sembra che non ci sia da sperare maggiore scientificità dall’inventore della psicanalisi. La teoria psicanalitica sembra, nelle mani di Freud, votata o al delirio o alla religione: entrambi costruzioni dogmatiche e incontrovertibili.

Il giudizio è definitivo? Non c’è da sperare maggiore scientificità dalla psicanalisi in quanto tale? Si può uscire dalle “storie proprio così” dei cosiddetti casi clinici, scritti più per confermare l’ortodossia di scuola che per apportare novità non contemplate dalla dottrina? Si può tentare una teoria scientifica della psicanalisi, che salvi la grande idea di inconscio, senza ricadere nella metapsicologia delle cause psichiche? Si può forzare l’eziologismo medicale di Freud, che imbozzola la psicanalisi, e uscire dalla crisalide psicoterapica?
La mia risposta è positiva. La “rivoluzione postfreudiana (ma anche postjunghiana, postadleriana, postkleiniana, postlacaniana, postbioniana) della psicanalisi” si può realizzare in molti modi. Secondo me esistono, grosso modo, due modalità molto ampie. La prima è quella maggiormente connotata in senso estetico, la seconda in modo maggiormente scientifico. In comune i due approcci hanno un tratto: la rivalutazioni dei fenomeni spontanei, cioè senza causa.
A livello estetico, la spontaneità a livello singolare è il principio cardine di ogni produzione romanzesca o poetica. A livello scientifico la spontaneità si riscontra in ogni branca della scienza, di cui costituisce un tratto praticamente universale. In meccanica classica la ritroviamo nei moti inerziali, in fisica quantistica nel decadimento radioattivo, in biologia nelle mutazioni genetiche e nella nascita ed estinzione delle specie, in economia nelle fluttuazioni dei mercati, in psicologia nella ripetizione psichica, con o senza trauma.
E in psicanalisi? La mia risposta, cui si può dare sia una veste estetica sia una veste scientifica, è che la psicanalisi tratti le trasformazioni epistemiche quasi spontanee. Tra queste costituiscono una piccola – forse piccolissima – parte le trasformazioni indotte dalla cura psicanalitica, favorite dai buoni uffici di uno psicanalista esperto. Che poi alcune di queste trasformazioni epistemiche spontanee abbiano valore lenitivo per le sofferenze nevrotiche del soggetto è del tutto secondario. Ancora più secondario, se così si può dire, è il loro valore formativo ai fini della cosiddetta “formazione dell’analista”.

La formazione dell’analista è il fenomeno spontaneo per eccellenza della psicanalisi,

che non è prefigurabile all’interno di nessuno schematismo di scuola. La formazione dello psicanalista sta proprio a metà tra lo scientifico e il romanzesco. È un fenomeno che emerge in una no men’s land, di cui nessuno si può appropriare con nessuna scusa ideologica. Spontanea fu la formazione del primo analista – Freud. Spontanee sono state le formazioni dei pochi altri analisti che sono venuti dopo di lui. Spontanee saranno le formazioni dei prossimi analisti a venire. Tanto va doverosamente detto per parare le ossessioni formative delle scuole di psicanalisi, che sulla formazione dell’analista giustificano la propria esistenza, nonché la propria resistenza all’innovazione scientifica.

Si resiste alla spontaneità, quindi alla scienza non meno che alla poesia.
Ancora oggi, nonostante gli sforzi di epistemologi tanto diversi come Popper e Kuhn, resistono graniticamente luoghi comuni difficili da smontare. Tipica è la concezione volgare della scienza come ricerca di leggi universali, che regolino i fenomeni in modo rigido e deterministico, senza eccezioni. La scienza, positivisticamente intesa, non deve lasciar lasciare spazio ad alcuna spontaneità, che sarebbe un’anomalia, cioè una devianza dalla legge, intesa come legalità. Non c’è oggettività senza legge. La soggettività è sinonimo di illegalità potenziale. La scienza del soggetto non esiste, tanto meno il soggetto della scienza. Il un certo senso hanno ragione i lacaniani a sostenere che la scienza fuorclude il soggetto.
Questa nozione deterministica di legge scientifica, che peraltro manca totalmente in scienze ben consolidate e oggi all’avanguardia del progresso epistemologico, come la biologia, è un monstrum ideologico. È per metà di origine positivista e per metà di origine giuridica, le due componenti prevalenti del buon senso comune, a loro volta metamorfosi dell’onnipresente metafisica aristotelica. L’idiozia di questa epistemologia è di pensare in termini astrologici. Pensa che la scienza sia necessariamente predittiva. Pensa in termini inattuali. Oggi più di ieri, infatti, una scienza come la biologia darwiniana non può e non deve fare predizioni, per esempio predire i tempi e i modi di comparsa di un’altra specie di Homo oltre Homo sapiens – evento per molti versi augurabile. La biologia moderna è essenzialmente descrittiva, ma non meno scientifica della meccanica classica. Possiede una scientificità non deterministica, qualitativamente diversa dal modello predittivo per eccellenza: la meccanica lagrangiana.

La nostra crtitica della metapsicologia sviluppa la tesi derridiana della decostruzione sia del determinismo sia del logocentrismo, entrambi presenti in Freud (e a maggior ragione in Lacan), per cui i concetti della psicanalisi “appartengono tutti, senza alcuna eccezione, alla storia della metafisica, cioè al sistema di repressione logocentrico, che si è organizzato per escludere […] il corpo della traccia scritta” (J. Derrida, “Freud e la scena della scrittura” (1966), in La scrittura e la differenza (1967), trad. G. Pozzi, Einaudi, Torino 1971, p. 256). La giustezza della diagnosi derridiana è confermate dalle parole di certi luminari della scienza moderna che vedono il determinismo dappertutto. Come Eric Kandel, Nobel del 2000 per la medicina, grazie ai suoi studi sulla memoria dell'ippocampo. Egli dichiara: “L’idea di fondo del determinismo psichico è che poco o nulla della nostra vita psichica  avviene per caso” (Eric R. Kandel, “La biologia e il futuro della psicoanalisi” (1999), in Id.,  Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente (2005), a cura di D. Sarracino, Cortina, Milano 2007, p. 86). Per costoro non esiste spontaneità , né probabilità, intesa come campo dei fenomeni spontaneamente variabili. Forse per questi iperdeterministi - e Freud, non dimentichiamolo, fu un sovradeterminista - non esiste semplicemente il soggetto. Tanto meno il soggetto dell'inconscio.

In questa pagina ho dimostrato la natura metafisica della nozione di pulsione come causa. Tuttavia, voglio salvare un punto centrale dell’elucubrazione metapsicologica freudiana, il quale è più delle speculazioni pulsionali vicino all’intuizione originaria e originale dell’inconscio come sapere non ancora saputo. Si tratta di un punto che si avvicina molto ai miei interessi di logica epistemica, intesa come logica del tempo di sapere o logica dell'ignoranza di ieri e del sapere di oggi. Intendo la già citata Nachträglichkeit, termine tedesco intraducibile che significa la possibilità di stabilire a posteriori la verità di un effetto, passato un certo tempo da quando si è verificato. Tipicamente nachträglich è la sessualità e il sapere che essa mette in gioco. Oggi hai l’impressione sessuale, ma non la registri come tale. Solo alla pubertà, in un tempo secondo, la riconosci come sessuale, reinterpretandola alla luce  dei mutamenti corporei che sono avvenuti in te. Allora, meno ancora della biologia la psicanalisi è una scienza predittiva. È una scienza descrittiva. Freud lo rammenta quando si definisce più osservatore che sperimentatore. La psicanalisi fa postdizioni: giustifica perché certe cose sono andate così e così. Non può dire se andranno così o cosà.

Quanto precede può essere inteso come pars destruens di un discorso più ampio. Mira a indebolire la nozione di causa e il principio di ragion sufficiente. Ma distruggere non basta. Bisogna poi costruire. Cosa si può dire come pars construens per una nuova metapsicologia non più aristotelica?
Qui ci possiamo sbizzarrire, ognuno a modo suo. Il mio gusto è sostituire allo scire per causas lo scire per theoremata. Questa seconda forma di sapere è più presente nelle scienze dure ma non è escluso che domani diventerà altrettanto presente nelle scienze meno dure. Esempi paradigmatici di scire per theoremata sono i modi “ignoranti” di trattare la gravità da parte di Galilei e Newton. Nessuno dei due scienziati sa che cosa sia la gravità, tanto meno ne conoscono le cause, però entrambi formulano “leggi” gravitazionali: Galilei la legge della caduta dei gravi, Newton la legge di attrazione universale, che generalizza la precedente. Direi che scire per theoremata è saperci fare con l’ignoranza. Si ignora cosa sia A e lo si pone come assioma, non più considerato, come facevano gli antichi, come verità dogmatica, ma come verità congetturale – ignota ma eventualmente confutabile. Da A si dipartono due strade. Quella della certezza deduttiva: da A si deduce con certezza B. In questo caso dall’ignoranza si genera un sapere universalmente valido. E quella sperimentale, che deriva dalla precedente, nel senso che dal rilievo sperimentale di non B si deduce non A. In quest'altro caso si guadagna un sapere empirico altrettanto certo di quello matematico. (3)
A questo punto dovrebbe essere chiaro il guadagno del nostro approccio critico alla metapsicologia freudiana. Lo scire per theoremata non è un pallino da appassionati di matematica. È per l’analista una necessità derivante dallo stesso statuto epistemico dell’inconscio. Se c’è l’inconscio, c’è ignoranza. Se c’è ignoranza, c’è spazio per fare della scienza. Per fare della matematica a livello teorico, per fare della fisica in senso lato a livello empirico. Come esempio della prima possibilità rimando al mio Una matematica per la psicanalisi (e alla sua english version, recentemente pubblicata da Springer in Mathematics and Culture VI, 2009).
Ecco finalmente un modo scientifico per fare della metapsicologia, lasciando riposare per sempre Aristotele nella sua tomba, adorna dei fiori ormai secchi del principio di ragion sufficiente.

*

Un secondo ordine di considerazioni seppellisce definitivamente la metapsicologia freudiana in quanto dottrina ad hoc di scarsa rilevanza scientifica e di quasi nullo potere esplicativo. Esso riguarda il corpo, inteso come formazione psichica.

Una notizia sui quotidiani recenti è pertinente a questo tema. Il Corriere della sera del 24 marzo 2010 informa che in Svezia non è reato vendere prostituzione. È reato comprarla.

A parte la deleteria confusione tra vizio e reato, la legge svedese introduce la sottile ma realistica distinzione tra desiderio e godimento, su cui si infrange la metapsicologia freudiana. Il desiderio non è reato, il godimento sì. Perciò l’ultima elucubrazione lacaniana lascia opportunamente cadere la nozione di desiderio, con la sua fatua legge – non cedere sul desiderio –, ed enfatizza il godimento, che è un modo per riprendere in considerazione il corpo, grande negletto di ogni teoria psicanalitica, a cominciare dalla dottrina freudiana delle pulsioni. Quella di pulsione, Grenzbegriff, nozione limite tra somatico e psichico, non è una nozione che riguardi il corpo. Riguarda una costruzione teorica di stampo alchimistico, dove si spiega che il papavero fa dormire perché ha la virtus dormitiva. C'è la Sexualbefriedigung, la soddisfazione sessuale, perché ci sono le Sexualtriebe, le pulsioni sessuali. Non è un po' poco per ambire alla scientificità, mio caro Freud?

Certo, mi obiettano i colleghi, una psicanalisi senza desiderio e solo con godimento rischia di diventare una psicanalisi senza soggetto – impossibile. Giusto, rispondo. Una psicanalisi senza soggetto non è psicanalisi, ma anche una psicanalisi senza oggetto non è molto psicanalitica, ma tende ad essere un'operazione filosofica. L'enfatizzazione lacaniana del godimento tenta di riportare, in modo certamente goffo e con molta retorica, il corpo e l'oggetto all'interno della considerazione psicanalitica. Se esiste un soggetto è perché esiste un oggetto, di cui il soggetto fa esperienza attraverso il corpo.

A cosa serve il corpo?

Il corpo serve a godere, risponde l'ultimo Lacan, incorreggibilmente teleologico.

E' una risposta lapalissiana, ma indica la direzione giusta per l'ulteriore elaborazione della teoria analitica. Da parte nostra, aver convocato l'oggetto infinito, con tutte le incertezze che questa operazione comporta, va in questa direzione, con la presunzione di avviare un'operazione scientifica. Per ora ci sorregge l'incoraggiamento di Giordano Bruno a conclusione del dialogo De l'infinito, universo e mondi:

E' proprio di non addormentato ingegno, da poco vedere et udire, posser considerare e comprendere molto.

*

E l'Edipo non fa parte della metapsicologia freudiana?

L'Edipo fa parte della

Mitologia freudiana,

a cui rimandiamo.

 

Note

(1) Condivido pienamente l’analisi del movimento psicanalitico formulata dal premio Nobel Eric Kandel in La biologia e il futuro della psicoanalisi (cfr. E.R. Kandel, Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente (2005), a cura di D. Sarracino, Cortina, Milano 2007, p. 75). Nella prima metà del secolo XX la psicanalisi ha gettato le basi promettenti per una teoria scientifica della mente. Queste basi erano congetture che, nella seconda metà del secolo, invece di essere in parte confutate e in parte sviluppate in nuove congetture, si sono irrigidite in dogmi, da cui non si è evoluta nessuna teoria scientifica. La responsabilità della resistenza all’evoluzione scientifica della psicanalisi è tutta delle istituzioni psicanalitiche professionali le quali, per salvare il valore terapeutico della psicanalisi, ne hanno compromesso il valore scientifico. Non condivido, tuttavia, la prospettiva di Kandel, secondo il quale la psicanalisi tornerà a essere scientifica grazie a una nuova biologia. A mio parere, la psicanalisi tornerà a essere scientifica grazie a una nuova psicanalisi. Quella di Kandel, infatti, è una prospettiva fortemente determinista, che non mi sembra adatta alla psicanalisi. Noto che la difficoltà per questi autori "illuminati" è riuscire a concepire un meccanicismo non determinista, come quello probabilistico della fisica quantistica. Non riescono, infatti, ad ammettere l’esistenza di simmetrie, come quella della leva archimedea, sospendendo la necessità degli effetti. Una moneta è simmetrica rispetto a “testa” o “croce”, quindi è meccanica come una leva a braccia uguali, ma non è deterministica. Un bambino lo capisce subito. (Torna su)

(2) La nozione epistemica di sapere che non si sa ancora, ma è a tutti gli effetti un sapere, trova una suggestiva trattazione filosofica nella nozione derridiana di differanza, proposta come traduzione del tedesco Aufschub e intesa come la “non origine che è originaria”. In quanto tali, il sapere che non si sa ancora, ma si saprà parzialmente in un secondo tempo, e la differanza innescherebbero il meccanismo della ripetizione, a sua volta intesa come continuo differimento (Cfr. J. Derrida, “Freud e la scena della scrittura” (1966), in La scrittura e la differenza (1967), trad. G. Pozzi, Einaudi, Torino 1971, p. 263). (Torna su)

(3) Nella scienza moderna le “necessarie dimostrazioni” precedono sempre le “sensate esperienze”, di cui Galilei parla nella Terza giornata dei suoi Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze (1638). Senza un pacchetto dimostrativo a monte, l’esperienza si riduce a pura empiria, cioè a un coacervo di informazioni empiriche, disorganicamente raccolte e arbitrariamente classificate. Il pacchetto dimostrativo teorico ha la struttura logica dell’implicazione materiale: A implica B. L’esperienza ha la forma dell’enunciato non B. Data la teoria, dall’esperienza di non B si “deduce” non A per modus tollendo tollens. (Ovviamente, se valesse A insieme all’esperienza, si otterrebbe la contraddizione (B et non B), B derivando da A e non B dall’esperienza. Ma se A e l’esperienza implicano una contraddizione, vuol dire che A insieme all’esperienza è falsa, Poiché per convenzione si assume che l’esperienza non possa essere falsa, di deduce che A è falsa). Tanto per dire che la conoscenza empirica scientifica ha sempre un’ineliminabile quota deduttiva e non è mai meramente induttiva. Questa è la differenza logica tra scienza antica e scienza moderna. La scienza antica non è teorica, nel senso che non ha pacchetti deduttivi preliminari. O meglio, ha come pacchetto deduttivo il principio di ragion sufficiente: Se A, allora A ha una causa. Tale principio non risulta mai falsificabile dall’esperienza – neppure quando empiricamente non si trova una causa, perché prima o poi si potrebbe sempre trovarla! (Torna su)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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